O salute in tutte le politiche, o nulla

Giacomo Galletti

I fattori di rischio per la salute si annidano un po’ ovunque, ma, soprattutto, costano. L’alimentazione malsana, l’inattività fisica, il fumo, l’alcol, ma anche l’inquinamento, la malattia mentale e altri comportamenti poco salutari sono fonti di costi. Questi, a quantificarli ad uno ad uno come fanno gli autori, scaricano sul servizio sanitario un ammontare di billions che, cumulandosi negli anni e senza adeguate coperture, potrebbe far saltare il banco delle coperture finanziarie di un sistema sanitario integro.


Recensire un articolo così ha poco senso. Bisognerebbe al limite tradurlo il più fedelmente possibile e invitarne alla lettura. Basti inizialmente sapere che:

  • il titolo (Quali sono i migliori investimenti sociali per migliorare la salute delle persone?[1]) formulato in questi termini, per di più in forma interrogativa, è un invito alla lettura indeclinabile;
  • l’articolo, pubblicato dal British Medical Journal (“Biemgei” per gli addetti ai lavori) nella sezione ANALYSIS, preannuncia roba forte;
  • le firme provengono dall’UK Health Forum[2], dal centro Global Development dell’Imperial College[3], dal New College dell’Università di Oxford[4], dall’Agenzia Public Health England[5] e dal gruppo Wandsworth Living Streets[6];
  • l’analisi non è una vera proprio analisi, cioè lo è, ma scrivere che questa analisi si limita all’analisi è limitativo. È una sorta di “statement”…
  • …o, meglio, è un autorevole e lucido “fare il punto” sul tema “investire sulla salute delle persone” nel contesto di resilienza che caratterizza sempre più sistemi sanitari nazionali in tempi di vacche magre. Trovare temi più caldi di questo sul tema salute è impresa ardua;
  • si utilizzano sottigliezze lessicali che talvolta sembrano scontate, ma che non lo sono per nulla; si utilizza ad esempio “costi” per indicare i soldi spesi per curare, e “investimenti”, per indicare sempre soldi spesi, ma spesi oggi per diminuire i soldi che verranno spesi domani per curare. Troppo spesso, in sanità, si parla di costi e basta.

Date queste premesse, la recensione potrebbe limitarsi alla mera traduzione di cui sopra.

Tale proposito, tuttavia, rischierebbe di non rendere onore sia alle opportunità di una più generale “lettura del contesto storico-politico” che l’articolo offre, sia ai “bisbigli” che sembra di percepire tra le righe durante la lettura e che sembrano mettere in guardia verso qualcosa di non ben definito.

Cercheremo di prestare attenzione alle une e agli altri.

L’articolo, già nella parte introduttiva, inizia col botto:

“La prossima decade si prospetta come il periodo di maggiore austerità nella storia dell’NHS (cioè il servizio sanitario inglese). Riorientare l’NHS nell’ottica di un investimento su un’attività di prevenzione efficace dal punto di vista dei costi sostenuti (cost effective disease prevention), è essenziale per la sostenibilità del sistema.”

Le affermazioni sull’austerità, sulla sostenibilità e sulla “essenzialità” dell’investimento in prevenzione sono forti, ma gli autori le contestualizzano in modo lucido e costruttivo, funzionale alla proposta di soluzioni concrete.

Ma andiamo per gradi.

La struttura dell’articolo è semplice e completa nel presentare i temi:

  • la salute in tutte le politiche (Health in all policies).
  • I fattori di rischio comuni e i costi ad essi associati.
  • Produrre evidenza per la prevenzione: metodi e propositi.
  • Il punto di vista economico per la prevenzione e le ragioni dell’inazione.
  • I migliori investimenti per la salute della società.
  • Le politiche fiscali e tariffarie.

Vagliando i temi in modo comunque stringato, sintetico e comunque non esaustivo[7], ci rendiamo subito conto del fatto che oggi non ci possiamo più permettere di approcciare la salute senza un atteggiamento di “Health in all policies” .

L’accesso universale alle cure, infatti, di per sé non è sufficiente a migliorare la salute della popolazione laddove il contesto ambientale e sociale vi influisce per il 50%. La salute è “intersettoriale”, e da tale va trattata, con riferimento ad esiti ed equità di ogni iniziativa di intervento pubblico. Quindi quale miglior opportunità di una revisione generale della normativa in panorama Brexit, per promuovere un approccio “Health in all policies” a tutto campo?

D’altronde, i fattori di rischio per la salute si annidano un po’ ovunque, ma, soprattutto, costano. L’alimentazione malsana, l’inattività fisica, il fumo, l’alcol, ma anche l’inquinamento, la malattia mentale e altri comportamenti poco salutari sono fonti di costi. Questi, a quantificarli ad uno ad uno come fanno gli autori, scaricano sul servizio sanitario un ammontare di billions che, cumulandosi negli anni e senza adeguate coperture, potrebbe far saltare il banco delle coperture finanziarie di un sistema sanitario integro.  Dato che i determinanti sociali degli atteggiamenti a rischio sono naturalmente riscontrabili nella povertà, nella scarsa educazione, nella disoccupazione, nell’austerità, nelle situazioni abitative disagiate, nei trasporti non efficienti ecc…, il tutto ci riporta al tema precedente della trasversalità degli interventi.

Ma quali evidenze esistono attualmente per l’investimento in prevenzione? Più che “evidenze quali”, il punto è “evidenze come”. L’evidenza degli effetti degli interventi pubblici in prevenzione, infatti, risentono spesso dei modelli statistici usati per le stime, cosa che richiede lo sviluppo di vere e proprie linee guida per la loro costruzione ed utilizzo. Solo una certa omogeneità degli strumenti utilizzati per la selezione e l’analisi dei dati può aiutare a…

stimare gli effetti economici della prevenzione. Infatti, nonostante il fine ultimo della prevenzione non sia il semplice risparmio di risorse finanziarie, un numero sempre maggiore di studi stima la riduzione nel tempo dei costi sanitari associabile agli investimenti pubblici (più o meno) mirati. Gli autori a questo punto si chiedono come mai solo il 3% dei budget europei per la salute sia dedicato alla prevenzione. La risposta è quasi scontata: la prevenzione dà frutti economici in un arco temporale tendenzialmente superiore a quello del mandato elettorale…

A questo punto arriva il paragrafo che richiama il titolo dell’articolo: i migliori investimenti per la salute della popolazione. Bisogna dire che le revisioni degli studi sul tema non arrivano a conclusioni definitive (come del resto quasi sempre accade), anche perché i contesti degli interventi esaminati, nonché degli stessi obiettivi, sono diversi e complessi da definirsi.

Alla fine, però, sembra che siano proprio gli interventi regolamentativi a livello nazionale a produrre il maggior ritorno sugli investimenti.  La cosa è degna di nota, e offre lo spunto per approfondire il tema delle…

politiche fiscali e tariffarie. Queste, in genere, hanno il doppio vantaggio di generare reddito disincentivando nel contempo i comportamenti a rischio (basti pensare agli effetti di un’ingente imposta sul consumo di sigarette, sull’alcol, ma anche sulla benzina…).

I dati sui risparmi finanziari presentati in questa sezione hanno un effetto[8] sul morale del lettore che tende a compensare, in parte, le sensazioni relative alla consultazione del paragrafo sui costi dei fattori di rischio.

La citazione delle politiche fiscali sulla benzina ci rimanda al paragrafo successivo, ovvero…

la promozione dell’attività fisica: infrastrutture, trasporti pubblici, spazi aperti accessibili sono tutti investimenti che hanno un ottimo ritorno in termini di salute, anche se la quantità di attività fisica effettivamente indotta è modesta!

Il paragrafo finale, suggerisce di affrontare i determinanti sociali di salute partendo dal presupposto secondo cui l’investimento in social welfare è correlato con la riduzione della mortalità, mentre la spesa sanitaria in sé non lo è.

Ricapitolando, i 5 messaggi chiave sono:

  • La prevenzione è un intervento chiave per la sostenibilità del NHS.
  • Ci vuole una “batteria” di diversi approcci preventivi, dato che non esiste il classico “proiettile d’argento”.
  • In tempi di revisioni politiche e normative, nascono le opportunità per infilare la salute in tutte le iniziative pubbliche (Health in all policies).
  • La salute in tutte le politiche deve essere la norma.
  • Si raccomanda la costituzione di una commissione sulle politiche fiscali che promuovano la salute.

Il “messaggio tra le righe” dei cinque messaggi chiave sembra però essere un altro: carpe diem.

Infatti, non so bene come mai, ma durante la lettura dell’articolo mi sembrava di essere uno degli alunni del professor John Keating che, di fronte alla bacheca del Welton College con le antiche foto di studenti ormai passati a miglior vita, si sentiva bisbigliare nell’orecchio “carpe diem… cogliete l’attimo ragazzi…”[9].

E in certi passaggi dell’articolo, mi sembra di percepire il carpe diem non in un bisbiglio, quanto piuttosto nell’urlo strozzato di chi si trova improvvisamente e concretamente di fronte ad un baratro. L’attimo va colto, e va colto subito, adottando la suggestione Shumpeteriana della distruzione creatrice, della crisi che genera opportunità, o più banalmente (dato il caos Brexit), del classico “nel torbido si pesca meglio.”

Insomma, gli autori sembrano oltremodo consapevoli del fatto che per il NHS i “fasti beveridgiani” siano ormai un lontano ricordo, e che la tana del Bianconiglio non sia stata ancora esplorata in tutte le sue profondità[10].

Magari, invece, è solo la mia percezione ad essere distorta, e l’enfasi data all’analisi da parte del BMJ è solamente sovrastimata.

Qualunque sia però il tenore dell’allarme riverberato da Laura Webber e soci dalle colonne della prestigiosa rivista, al di là dello stile della scrittura, della concretezza delle proposte avanzate, delle argomentazioni a supporto, delle valutazioni articolate e della ricca bibliografia, il messaggio alla fine è sin troppo chiaro:

“O salute in tutte le politiche, o nulla.”

Giacomo Galletti, che pur lavorando all’Agenzia regionale di sanità della Toscana si esprime qui in termini puramente personali.

Bibliografia e note

  1. Webber L et al. What are the best societal investments for improving people’s health? BMJ 2018; 362 doi: https://doi.org/10.1136/bmj.k3377
  2. UK Health Forum
  3. Imperial College of London – Global Development
  4. New College. University of Oxford 
  5. Wandsworth Living Streets 
  6. Public Health England
  7. Si sottolinea come tale considerazione costituisca un caldo invito a leggere l’articolo nella sua versione integrale.
  8. Questo vale ovviamente per chi fosse andato a guardarsi le cifre riportate nella prima pagina dell’articolo, colonna di destra.
  9. Ritengo offensivo nei confronti del lettore citare il titolo dei film, di cui il 2 giugno prossimo si festeggerà il trentennale dalla prima proiezione canadese. Mi limito a ricordare la regia di Peter Weir e il soggetto e sceneggiatura di Tom Schulman.
  10. Altro assist ai cinefili…

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