Mamme per la pelle
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- 18 Settembre 2019
Gavino Maciocco
“Come possiamo far crescere dei giovani in una società che li rifiuta perché di colore diverso? Ormai i nostri figli hanno paura persino di uscire o prendere i mezzi di trasporto da soli”. Con l’arrivo del nuovo governo è finito un incubo. Ma non basta.
“Caro Salvini, sono una mamma adottiva di due splendidi bambini africani. Volevo ringraziarla perché sta regalando ai miei figli dei momenti di terrore davvero fuori dal comune. Mia figlia di 7 anni prima di andare a letto mi chiede: ma se vince quello che parla male di noi mi rimandano in Africa ? “
Era il 25 Febbraio 2018, una settimana prima delle elezioni politiche italiane del 4 Marzo, quando Gabriella Nobile, madre adottiva milanese impaurita dal clima di razzismo che stava prendendo piede nel nostro Paese, scrive sul suo profilo Facebook una lettera aperta a Matteo Salvini, leader del partito politico della Lega.
Quella lettera raccoglie in poco tempo una marea di consensi e condivisioni. Tantissime mamme adottive la contattano per testimoniare analoghe, dolorose esperienze di discriminazione razziale. Poi “quello che parla male di noi” vince davvero riuscendo ad andare al governo, in una posizione chiave per portare avanti le sue politiche xenofobe e razziste.
È questo un motivo in più cercare di difendersi da quella minaccia e di resistere, fondando nel novembre 2018 l’associazione ‘Mamme per la pelle’ nata per svolgere attività dirette a creare e rafforzare una rete organizzata di madri con figli che possano subire discriminazioni per le loro origini ed il loro diverso colore della pelle. “Lavoriamo insieme non solo per sostenere le famiglie che si rivolgono a noi, ma anche per promuovere la serena convivenza multietnica, contribuire ad innalzarne e custodirne il patrimonio culturale, educando i cittadini alla promozione dello stesso e a tramandarlo alle generazioni future”.
Avvenire, il quotidiano dei Vescovi, riportava (nel numero del 15 maggio, vedi anche l’articolo il ku klux clan di casa nostra) una ricerca di Stefania Lorenzini, docente di pedagogia interculturale all’Università di Bologna, in cui si denuncia il crescendo dell’intolleranza e della discriminazione razziale che ha coinvolto inevitabilmente anche i ragazzi adottati. Ecco i numeri della vergogna: il 71% di loro ha subito episodi di bullismo da parte dei compagni di scuola; il 74% non è accettato dal gruppo classe, il 65% fa fatica a creare amicizie, il 74% rimane solo nell’intervallo; il 67% è costretto a cambiare scuola per offese, minacce, insulti. La massima autorità che presiede alle adozioni internazionali lo scorso 10 aprile ha diffuso una nota in cui esprime “profonda preoccupazione per i recenti episodi di razzismo nei confronti di quei figli adottivi che a causa del colore della loro pelle vengano fatti oggetto di atti di bullismo e vessazione”.
Lo scorso 6 agosto Gabriella Nobile, fondatrice di Mamme per la pelle, ha inviato una lettera a Repubblica dal titolo “I nostri figli nell’estate del razzismo” in cui, tra l’altro, si legge:
“Quando un Ministro della Repubblica, sul palco di un comizio, davanti a centinaia di persone si permette di affermare “Non vogliamo più bambini confezionati dall’Africa, non accetteremo sostituzione di popoli con popoli!”, dà uno schiaffo alla nostra genitorialità adottiva. Con la conseguente legittimazione di attitudini manifeste non ponderate. In una parola “intolleranti”.
C’è una vera e propria caccia al nero, ormai nero è uno straniero, nero è un immigrato, nero è un delinquente. Come riconoscere un malfattore da uno studente quando hanno la stessa sfumatura di pelle? Potremmo pensare di tatuare sulla fronte dei nostri ragazzi “sono italiano” ma qualcosa mi rimanda indietro di 60 anni alla stella di David cucita sui vestiti. Come possiamo far crescere dei giovani che saranno il futuro di questo Paese in una società che li rifiuta o li guarda con sospetto perché di colore diverso? Ormai i nostri figli sono condizionati dal questo clima e hanno paura persino di uscire o prendere i mezzi di trasporto da soli. Gli atti di razzismo in Italia sono aumentati in modo esponenziale e noi siamo la testimonianza di questa atroce realtà”.
Il giorno della pubblicazione di questo articolo il citato Ministro della Repubblica si esibiva in costume da bagno in uno stabilimento balneare, circondato di cubiste, lanciandosi a fare il dj con l’inno d’Italia. Un mese dopo – per una sorta di magia – quel personaggio non era più Ministro della Repubblica, e la prima a tirare un sospiro di sollievo sarà stata probabilmente quella bambina adottata che temeva di essere rispedita in Africa. E non solo lei.
Lo scorso gennaio avevamo scritto, nell’articolo restiamo umani: “La ferocia con cui il governo italiano sta trattando i migranti, per mare e per terra, non ha dell’umano. Omissioni di soccorso, respingimenti nelle grinfie dei carnefici libici, sequestri di persona a danni di disperati e di minori, distruzione delle strutture dove si crea integrazione, diffusione della clandestinità, dell’emarginazione e del degrado. Ferocia esibita, compiaciuta, irridente. Ferocia vigliacca, perché esercitata dal potere nei confronti dei più deboli. Ferocia razzista, perché esclusivamente rivolta a persone con la pelle nera”.
Con l’arrivo del nuovo governo è finito un incubo e il primo segno tangibile del cambiamento è stato il diverso trattamento offerto agli ottantadue esseri umani della Ocean Viking.
Ma il sospiro di sollievo per la fine di un incubo non deve farci chiudere gli occhi di fronte alla realtà. La realtà di questa nostra povera Italia in cui i germi del razzismo e dell’intolleranza sono stati seminati a piene mani e i cui frutti avvelenati ce li troveremo di fronte per lungo tempo.
La breve ma intensa stagione salviniana al governo ci ha fatti regredire – in termini di razzismo, xenofobia e intolleranza – agli anni 50, quando nelle città del nord venivano affissi i cartelli: “Non si affitta ai meridionali”. E infatti oggi a Milano si possono udire queste parole “Sei meridionale, io sono razzista e non ti affitto casa”, e a Forlì “Terrona puzzolente, tornatene da dove sei venuta”. Per non parlare dei crescenti, ripetuti (e impuniti) cori razzisti negli stadi che hanno fatto dire a Edin Dzeko, calciatore bosniaco della Roma: “Il razzismo in Italia è più pesante che altrove”.
Risalire la china non sarà affatto facile. Per un paese come il nostro che ha vissuto la vergogna delle leggi razziali, che ha coltivato per decenni l’intolleranza e i pregiudizi (ora riemergenti) verso il Sud, che risultava – ancor prima dell’avvento di Salvini al governo – uno dei paesi più xenofobi d’Europa. La misura della xenofobia è stata calcolata da un indicatore considerato alquanto sensibile: la differenza tra realtà e percezione della presenza straniera nel territorio nazionale. Come dimostra la Figura seguente, l’Italia è il paese europeo in cui è maggiore la differenza tra la percentuale “reale” (7%) e quella “percepita” (24%) di immigrati (Ricerca Istituto Cattaneo, vedi Risorse).
Per approfondire il significato di questo errore di percezione, l’Istituto Cattaneo ha preso in considerazione l’indice NIM elaborato dal Pew Research Center, che misura il grado di sentimento nazionalista, anti-immigrati e contrario alle minoranze religiose in 15 nazioni europee. Questo indice ha un intervallo che va da 0 a 10, dove 0 corrisponde a un atteggiamento di estrema apertura verso le minoranze religiose e l’immigrazione in generale, mentre 10 indica il massimo livello di chiusura e ostilità verso immigrati o cittadini appartenenti ad altre religioni. Esiste una relazione positiva tra l’errata percezione del fenomeno migratorio e l’atteggiamento verso l’immigrazione. All’aumentare dell’ostilità verso gli immigrati, aumenta anche l’errore nella valutazione sulla presenza di immigrati nel proprio paese. Come in precedenza, l’Italia si conferma il paese collocato nella posizione più “estrema”, caratterizzata dal maggior livello di ostilità verso l’immigrazione e le minoranze religiose (Figura successiva). Naturalmente l’atteggiamento fortemente negativo verso l’immigrazione potrebbe essere la causa di una sovrastima degli immigrati presenti nella società, così come potrebbe esserne la conseguenza (chi ritiene che gli immigrati siano “troppi” potrebbe essere indotto a maturare un sentimento di ostilità verso gli stessi immigrati).
Salvini ha avuto buon gioco nell’esasperare quelle “percezioni” xenofobe, imponendo la propria agenda di governo (e di comunicazione) basata sui temi dell’immigrazione e della sicurezza, con i toni e i risultati che conosciamo. La buona notizia è che il “Capitano” non è più al governo e non può più utilizzare il Ministero dell’Interno come podio per la sua propaganda. Ma sarebbe un errore fatale pensare che la lontananza di Salvini da quel podio sia sufficiente per correggere, fino ad annullarlo, l’errore di percezione.
Errore di percezione che è alimentato principalmente dal fatto che gli strati popolari più disagiati della società, quelli che maggiormente hanno patito e ancora patiscono la crisi economico-sociale, vedono gli immigrati come concorrenti, e quindi nemici, ritenendo che il soccorso e l’accoglienza dei disperati che provengono dal Mediterraneo porti fatalmente a ridurre le risorse destinate all’welfare dei cittadini italiani (sanità, scuola, trasposti, casa).
Il nuovo governo ha il dovere di rassicurare la bambina adottata che nessuno la rispedirà in Africa (e che nessuno la offenderà per strada per il colore della sua pelle). La lotta al razzismo e alla xenofobia si basa oggi sull’affermazione e la tutela dei diritti umani (a partire da quelli più elementari, come il soccorso dei naufraghi) e sulla realizzazione di efficaci politiche di giustizia sociale (sanità, scuola, trasposti, casa) che rimuovano il bisogno di identificare nel migrante il capro espiatorio della scarsità dei servizi a disposizione.
Risorsa
Istituto Cattaneo, Immigrazione in Italia: tra realtà e percezione [PDF: 468 Kb]