Sweet evidence

Adriano Cattaneo

Tassare o no bevande zuccherate e merendine?  Meglio di sì. Lo dicono le evidenze scientifiche: si riducono i consumi e migliora la salute. Ma la scelta è tutta politica.

Tassare o no bevande zuccherate e merendine? Domanda che riguarda la legge di bilancio per il 2020 e che circola probabilmente nei discorsi della maggioranza dei cittadini a causa della polarizzazione delle posizioni dei partiti (sinistra tendenzialmente a favore, destra decisamente contraria) e dei continui rimandi da parte di media di tutti i tipi (dalla TV di stato ai social). La risposta dovrebbe in teoria basarsi sulle prove di efficacia (la tassa contribuisce a diminuire il consumo di zuccheri aggiunti e a migliorare quindi la salute?), ma dipenderà ovviamente anche da considerazioni politiche più complesse che terranno conto dell’aria che tira (consenso elettorale e pressione dell’industria, sicuramente contraria alla tassa), oltre che dell’equilibrio complessivo della manovra finanziaria.

Iniziamo dalle prove di efficacia, che riguardano soprattutto la tassa sulle bevande zuccherate, ma che si possono probabilmente estendere anche alle merendine. Una revisione sistematica pubblicata nell’aprile del 2019 ha analizzato 15 studi da 7 paesi (USA, Spagna, Francia, Finlandia, Ungheria, Cile e Messico) e ha concluso che, in media, una tassa del 10% rispetto al prezzo di vendita è associata a una riduzione del 10% nei consumi e quindi nelle assunzioni di zuccheri aggiunti, ma anche a un piccolo aumento, quasi il 2%, del consumo di bevande non tassate, come l’acqua in bottiglia.[1] Nei paesi in cui la tassa non è uguale per tutte le bevande ma crescente con il crescere della concentrazione di zuccheri, si osserva anche una diminuzione delle quantità di zuccheri aggiunti dai produttori. È successo in Portogallo,[2] ma anche in Inghilterra, dove una tassa proporzionale al contenuto di zuccheri delle bevande è entrata in vigore nell’aprile del 2018. Un recente rapporto di Public Health England mostra come la concentrazione media di zuccheri nei prodotti in vendita sia diminuita del 28,8%.[3] L’assunzione media di zuccheri è diminuita del 21,6% perché sono aumentati di circa il 10% i consumi di bevande non sottoposte a tassazione, con contenuto di zuccheri molto basso.

Se protratti nel tempo, questi risultati avrebbero un benefico effetto sull’incidenza di molte malattie (carie, diabete tipo 2, ipertensione, malattie cardiovascolari, obesità, etc), ma anche sull’incidenza di cancro e sulla mortalità per tutte le cause generale.[4,5] I vantaggi sarebbero tanto più grandi quanto più la riduzione dell’assunzione di zuccheri aggiunti ha luogo in età infantile e giovanile, tanto che sia in Europa sia negli USA vi sono raccomandazioni in questo senso da parte di prestigiose associazioni pediatriche.[6,7] Ma mentre le raccomandazioni europee puntano quasi tutto sui cambiamenti dei comportamenti individuali, quelle statunitensi mettono al primo posto, tra le politiche da adottare, proprio la tassa sulle bevande zuccherate. Non risultano prese di posizione simili da parte di sigle pediatriche italiane.

Una delle critiche più frequenti da parte dei detrattori della tassa è l’ipotesi che essa possa essere regressiva; che possa colpire cioè i poveri più dei ricchi, contribuendo a un aumento del divario economico e sociale. Alla prova dei fatti, questa critica non regge. Innanzitutto perché, in Messico per esempio, i consumi di bevande zuccherate diminuiscono più tra i poveri che tra i ricchi.[8] Ma soprattutto perché i benefici per la salute presente e futura, misurati in molte migliaia di casi e decessi evitati, vanno principalmente ai poveri; ancora di più se i proventi derivanti dalla tassa sono investiti per diminuire il divario sociale, per esempio con incentivi per consumi più salutari, o anche per aumentare l’accesso agli asili nido, assegnati alle famiglie con redditi medio-bassi. In questo modo la tassa diventa molto progressiva.

L’assunzione di zuccheri aggiunti, però, non deriva solamente dalle bevande zuccherate; moltissimi altri cibi per bambini, soprattutto cibi industriali, ne contengono in quantità eccessive. [9] La tassa sulle merendine aggiungerebbe vantaggi ai vantaggi. Ma è anche vero che queste tasse non possono, da sole, ottenere tutti i risultati sperati. E difatti, le raccomandazioni dei pediatri statunitensi già citate pongono al secondo posto uno stop al marketing delle bevande zuccherate, che per essere veramente efficace dovrebbe essere esteso a tutti gli alimenti per bambini. In Europa una tale misura è stata già presa nei paesi scandinavi, ma anche Irlanda, Belgio e Austria hanno già proibito o fortemente limitato la pubblicità di alimenti per bambini. In Italia, nel 2016, è stata depositata una proposta di legge alla Camera;[10] potrebbe essere ripresa su stimolo del nuovo governo giallorosso.

Le politiche frenanti (tasse, stop al marketing), per ottenere risultati ancora più rilevanti, dovrebbero essere affiancate da politiche incoraggianti. Per esempio: speculari incentivi per la produzione e la vendita di cibi più salutari, con conseguente diminuzione dei prezzi se possibile volta a favorire soprattutto le famiglie più povere e le mense scolastiche; politiche per rendere l’acqua e altre bevande salutari la norma (fontanelle pubbliche, offerta in ristoranti e mense, regole per i capitolati, piazzamento nei punti vendita); uso di ospedali e strutture sanitarie come modelli (come per tabacco e alcol), mense per il personale e distributori automatici compresi. Non dovrebbero poi mancare le informazione per cittadini e consumatori (etichette, menu, pubblicità progresso) e gli avvertimenti sui rischi (come per tabacco e alcol).

Una legge di bilancio, ovviamente, non può contemplare tutto ciò; ci vogliono politiche di medio e lungo periodo, che includano anche una migliore formazione in nutrizione dei medici e di altri operatori.[11] Per svilupparle, approvarle e metterle in pratica ci vuole volontà politica. Volontà che sembra attualmente mancare, frenata com’è dalla paura di perdere consenso e voti; ma consenso e voti si possono recuperare, se i messaggi ai cittadini sono chiari e coerenti, oltre che accompagnati dalle necessarie spiegazioni sul perché queste politiche traggono benefici per tutti. Volontà politica che probabilmente risente della pressione di chi ha interesse a continuare con le non-politiche attuali o addirittura con politiche che favoriscano ancora di più il libero mercato (che tanto libero non è visto che è dominato da una manciata di multinazionali degli alimenti e delle bevande). La letteratura su questa pressione è abbondante, basterebbe leggere i libri di Marion Nestle (Food politics, Soda politics e Unsavory truth) per comprendere come l’industria influenzi le ricerche e le politiche sulla nutrizione.[12] Oppure studiare la saga dell’approvazione dell’etichetta a semaforo Nutri-Score,[13] adottata in Francia molti anni dopo che era stata sviluppata e diffusa ora in altri paesi europei, ma non in Italia per l’opposizione delle lobby industriali.[14] Oppure, infine, leggere di come l’industria dello zucchero abbia cercato di influenzare le raccomandazioni dell’OMS.[15] Per quanto riguarda l’Italia, ne ha scritto su questo blog Enrico Materia il 13 febbraio 2019. Il problema non è, per concludere, sapere quanto e come la lobby dell’industria influenzi le politiche sulla nutrizione, ma creare un movimento di cittadini che vi si opponga, e che obblighi parlamenti e governi a opporvisi.

Adriano Cattaneo, epidemiologo, Trieste

Bibliografia

  1. Teng AM, Jones AC, Mizdrak A, Signal L, Genç M, Wilson N. Impact of sugar‐sweetened beverage taxes on purchases and dietary intake: systematic review and meta‐analysis. Obes Rev 2019;20(9):1187-204
  2. Goiana‐da‐Silva F, Cruz‐e‐Silva D, Gregório MJ, Miraldo M, Darzi A, Araújo F. The future of the sweetened beverages tax in Portugal. Lancet Public Health 2018;3(12):e562
  3. Public Health England. Sugar reduction: Report on progress between 2015 and 2018. London, September 2019
  4. Chazelas E, Srour B, Desmetz E et al. Sugary drink consumption and risk of cancer: results from NutriNet-Santé prospective cohort. BMJ 2019;365:l2408
  5. Mullee A, Romaguera D, Pearson-Stuttard J et al. Association between soft drink consumption and mortality in 10 European countries. JAMA Intern Med 2019; doi:10.1001/jamainternmed.2019.2478
  6. Fidler Mis N, Braegger C, Bronsky J et al. Sugar in infants, children and adolescents: a position paper of the European Society for Paediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition Committee on Nutrition. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2017;65(6):681-96
  7. Muth ND, Dietz WH, Magge SN, et al. American Academy of Pediatrics, Section on Obesity, Committee on Nutrition, American Heart Association. Public policies to reduce sugary drink consumption in children and adolescents. Pediatrics 2019;143(4):e20190282
  8. Teng AM, Jones AC, Mizdrak A, Signal L, Genç M, Wilson N. Impact of sugar‐sweetened beverage taxes on purchases and dietary intake: systematic review and meta‐analysis. Obes Rev 2019;20(9):1187-204
  9. WHO Europe. Commercial foods for infants and young children in the WHO European Region: a study of the availability, composition and marketing of baby foods in four European countries. World Health Organization, Copenhagen, 2019
  10. Proposta di legge d’iniziativa dei deputati Fico, Baroni, Nicola Bianchi, Brescia, Carinelli, Colonnese, De Lorenzis, Dell’orco, Di Benedetto, Di Vita, D’uva, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grillo, Liuzzi, Lorefice, Mantero, Marzana, Nesci, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Vacca, Simone Valente. Modifiche al testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, in materia di divieto di interruzioni pubblicitarie nelle trasmissioni destinate ai bambini e di partecipazione di minori alle trasmissioni pubblicitarie. Presentata il 16 febbraio 2016
  11. Agnese Codignola. Alimentazione, per i medici non c’è nessuna formazione (o quasi). E gli studenti chiedono corsi obbligatori e di qualità. Il Fatto Alimentare,01.10.2019
  12. Pratesi A. L’ultimo libro di Marion Nestle “Unsavory Truth” spiega come i finanziamenti dell’industria alimentare condizionano scienza e nutrizione. Il Fatto Alimentare,09.01.2019
  13. Mialon M, Julia C, Hercberg S. The policy dystopia model adapted to the food industry: the example of the Nutri-Score saga in France. World Nutrition 2018;9(2):109-120
  14. Il Fatto Alimentare: nutri score 
  15. Stuckler D, Reeves A, Loopstra R, McKee M. Textual analysis of sugar industry influence on the World Health Organization’s 2015 sugars intake guideline. Bull World Health Organ 2016;94:566-73

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