Covid-19. La Fase 2 a Piacenza

Anna Maria Andena

Covid-19: Piacenza si appresta a creare un patto di ferro fra Dipartimento delle Cure Primarie (DCP) nelle sue varie articolazioni e Dipartimento di Sanità Pubblica (DSP).

L’epidemia da Sars-Cov-2 ha lasciato nella nostra provincia una ferita che ancora non sta guarendo del tutto (vedi Covid-19: quando il territorio funziona).  Pochi sono ancora al momento i casi di positività alla diagnostica microbiologica. Ipoteticamente potrebbero lasciare spazio alla fiducia e prospettare un quadro di infezione endemicamente presente. Tuttavia nessuno ha certezza di come evolverà la situazione, i pareri si sprecano e il servizio sanitario localmente deve progettare il modo di far fronte ad una nuova possibile ondata epidemica.

Le previsioni sono nebulose ed in qualche modo poco utili. Ma cerchiamo di ancorarci a qualche punto fermo, sapendo che in ogni caso ci verrà chiesto di agire come se fosse in arrivo una nuova epidemia! Cosa ci ha insegnato nei mesi passati COVID-19? Cosa abbiamo appreso di certo e applicabile nella prevenzione, diagnostica e cura della malattia? In realtà molti studi sono stati pubblicati ma non tantissime le certezze ricavate. E Piacenza, così violata, cosa può tenere nel paniere delle sue competenze per essere pronta per altre criticità?

  • Sappiamo che, come tutte le forme infettive che presentano un contagio da droplets, lavarsi regolarmente le mani, mantenere adeguate distanze ed utilizzare sistemi che riducano la dispersione delle goccioline della nostra saliva (leggi mascherine) attenuano la carica virale e riducono la diffusività dell’infezione.
  • Sappiamo che al momento non ci sono vaccini efficaci e sicuri fruibili, ma la vaccinazione antinfluenzale e antipneumococcica ci permetterà di impostare una diagnosi differenziale.
  • Sappiamo che un corretto e sistematico tracciamento dei contatti è uno strumento fondamentale per contenere i focolai di infezione.
  • Sappiamo che la segnalazione tempestiva dei quadri sospetti e il loro isolamento, contribuisce ad una diagnosi precoce con prognosi più favorevole.
  • Sappiamo che al momento la diagnostica gold standard rimane la ricerca di RNA virale nel tampone naso-faringeo.
  • Sappiamo che garantire questa diagnostica in tempi rapidi è mandatario.
  • Sappiamo che tutto questo sarà possibile rendendo concreta ed efficiente una rete territoriale capillare, diffusa in ogni angolo della nostra bella provincia.
  • Sappiamo che è dalla collaborazione stretta delle figure sanitarie che operano sul Territorio che discende la possibilità di affrontare le situazioni più critiche in Ospedale.
  • Sappiamo che l’infezione si manifesta in maniera variegata e aspecifica, virtualmente indistinguibile, alla valutazione clinica, dalle altre virosi respiratorie e gastrointestinali dei periodi autunnali ed invernali.
  • Sappiamo quindi che a seguito di ciò, la gran parte delle forme febbrili andrà approcciata come se fossero potenzialmente COVID-correlate.
  • Il resto al momento è ancora avvolto nella nebbia delle congetture. Poca anche la luce, ed al momento in attesa di conferme, su terapie specifiche. Siamo comunque fiduciosi che altri chiarimenti saranno disponibili nel prosieguo di tempo.

È per questo che Piacenza si appresta a creare un patto di ferro fra Dipartimento delle Cure Primarie (DCP) nelle sue varie articolazioni e Dipartimento di Sanità Pubblica (DSP).

La campagna vaccinale antipneumococcica su sessantacinquenni e malati cronici è già iniziata a cura dei medici di medicina generale ai primi di settembre. L’acquisizione di 93.000 dosi di vaccino antinfluenzale dovrebbero garantire una buona copertura soprattutto sulle figure più fragili che nella COVID hanno un nemico per così dire, mortale. Su indicazione della Regione l’inizio della campagna anticiperà ai primi di ottobre con l’azione combinata dei Medici di Medicina Generale, dei Pediatri di Libera Scelta e dei professionisti dei servizi vaccinali di Igiene Pubblica.

In queste settimane si sta raggiungendo un accordo con i medici convenzionati per sollecitare la precoce segnalazione dei casi sospetti, per dare a tutti l’opportunità di eseguire direttamente al domicilio dell’assistito il tampone naso-faringeo o in alternativa innescare l’intervento di USCA mediche o medico-infermieristiche, e predisporre la sorveglianza clinica quotidiana dei casi certi a cura del medico curante connesso con un sistema informatizzato dedicato a DCP e DSP.

Cerco di essere più precisa: il medico curante dopo la valutazione clinica dell’assistito può decidere di effettuare in prima persona il tampone naso-faringeo o di richiedere l’accesso di un team infermieristico del DCP per l’esecuzione o di un’USCA medica a seconda della severità del quadro clinico presentato. Soltanto quadri di criticità verranno inviati in pronto soccorso (PS). Il tutto verrà registrato su una piattaforma software su cui saranno visibili di volta in volta gli esiti dei tamponi, le rilevazioni delle USCA, le indagini sui contatti e il loro tracciamento, le quarantene comminate e chiuse dal DSP; sempre su questo strumento il medico curante potrà farsi carico della sorveglianza quotidiana dei casi certi appuntandone l’evoluzione e redigendo al termine della sintomatologia la dichiarazione di guarigione clinica in modo che DSP possa programmare i due tamponi di guarigione. Una serie di alert daranno evidenza di tutti i cambiamenti di stato dei pazienti inseriti sulla piattaforma (compresi gli eventuali ricoveri o accessi in PS).

Il DCP si farà carico attraverso i medici di organizzazione, i medici delle USCA e gli infermieri territoriali di garantire la programmazione e l’esecuzione di visite e/o tamponi a quei pazienti su cui il curante non è in grado o non desidera eseguire autonomamente la manovra. Non va dimenticato infatti che è più che mai cogente che MMG o PLS possano proseguire nell’attività ordinaria non COVID correlata. Questo impegno, anche alla luce dei numerosi pensionamenti e della scarsità dei nuovi convenzionati, impone a chi resta un tour de force non irrilevante.  Potersi sostenere reciprocamente fra professionisti è la chiave di volta per garantire la salute del cittadino. Se in passato sbavature o interventi intempestivi sono avvenuti, se il profilo dei malati cronici, della promozione della salute e della prevenzione, oncologica e non, è stata trascurata questo non può e non deve accadere e non sarebbe perdonabile. La forza del Territorio deve essere messa in campo in tutte le sue articolazioni. Va organizzata e governata armonizzando le figure professionali che lo popolano in un’ottica di collaborazione costante. Non ha senso pensare ad una ospedalizzazione del Territorio perché le sue caratteristiche non si prestano a questa manovra e perché la rete capillare di assistenza, la vicinanza, la domiciliarità non possono essere attuate seguendo logiche ospedaliere. Che il Territorio abbia bisogno di una certa qual “sofisticazione” è fuor di dubbio, ma contiene una forza nascosta che affonda le radici nel rapporto fiduciario, nella vicinanza fisica ed emotiva e nel rapporto iterativo nel tempo.

O almeno è questo il mio pensiero

Anna Maria Andena, Direttore del Distretto di Piacenza

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