Cambio di passo?

Gavino Maciocco

“Il principale dovere cui siamo chiamati tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini”.

A prima vista, osservando i dati globali dei casi e dei decessi nel mondo, la pandemia sembrerebbe in fase di ritirata, con una curva in costante flessione dai primi di gennaio 2021. il numero giornaliero dei casi è passato dagli 850mila del 7 gennaio ai 300mila del 14/15 febbraio; il numero di decessi dai 17mila del 20 gennaio ai 7mila del 14/15 febbraio. Un cospicuo contributo alla flessione della curva è venuto dal deciso rallentamento della pandemia negli USA (la principale tributaria mondiale di casi e decessi): in poco più di un mese il numero giornaliero dei casi e dei decessi si è ridotto rispettivamente del 55% e del 75%.

Ma questo quadro è solo apparentamene rassicurante. Ciò che nelle ultime settimane ha messo in massimo allarme la comunità scientifica è l’emersione di varianti del virus che lo rendono più contagioso (variante inglese) o, peggio, resistente agli anticorpi prodotti dal coronavirus originario e anche a quelli prodotti dai vaccini – in particolare il vaccino AstraZeneca – (variante sudafricana).

Sorprendente e drammatico ciò che si è verificato a Manaus, principale città dell’Amazzonia. La prima ondata della pandemia aveva duramente colpito la città brasiliana provocando un elevato numero di casi e di morti anche a causa delle incaute politiche del Presidente Bolsonaro. Una ricerca effettuata sui donatori di sangue nell’ottobre 2020 rilevò che il 76% della popolazione era stata infettata da SARS-CoV-2.  Un livello di diffusione del virus tale da garantire, nei calcoli degli esperti, l’immunità di gregge.  Un motivo in più per bandire ogni tipo di precauzione, pur in presenza di eventi altamente rischiosi come lo svolgimento di un turno elettorale tenuto nel novembre 2020.  A gennaio 2021 si è verificata l’inaspettata ripresa della pandemia con un’intensità superiore a quella della prima ondata. Inaspettata anche la scoperta che nella maggioranza dei casi si trattava di reinfezioni, veicolate da una variante (P.1) con caratteristiche simili a quella sudafricana.

La variante inglese del coronavirus (B.1.1.7.) è stata isolata nel Kent nel settembre 2020 ed è divenuta nell’arco di poche settimane il tipo di virus più diffuso nel Regno Unito, associato a una più elevata contagiosità e mortalità, come si può osservare nelle Figura 1a e 1b. La prima figura mostra l’andamento del numero di casi quotidiani che “esplode” alla fine di dicembre 2020 arrivando a toccare il numero di 70mila l’8 gennaio 2021. La seconda si riferisce al numero di decessi, che registra il suo picco il 20 gennaio con oltre 1.800 morti. Il governo inglese ha reagito imponendo un duro lockdown a partire dal 2 gennaio e avviando – a partire da metà dicembre 2020 – una vaccinazione di massa che ha coinvolto finora oltre 15 milioni di persone, le fasce di età più anziane e vulnerabili (Figura 2). Le due azioni combinate hanno prodotto una drastica riduzione dei casi e dei decessi e continuando nella massiccia opera di vaccinazione (oltre 420mila dosi al giorno) il governo ipotizza di cominciare a “riaprire” verso marzo/aprile (ma nessuna decisione è stata ancora presa per il timore del sopravvento di nuove varianti)[1].

Ben diversa e decisamente deludente è la situazione italiana (simile peraltro a quella di altre nazioni europee), come mostra la Figura 3. Vaccinazioni a singhiozzo a causa di interruzioni e ritardi nelle consegne dei prodotti: poco più di 3 milioni di dosi somministrate: attualmente si viaggia al ritmo di 70mila dosi giornaliere. Dopo il coinvolgimento di alcune categorie – operatori sanitari e socio-sanitari, ospiti di RSA, personale della scuola e di altri servizi essenziali – è appena iniziata la vaccinazione degli over 80 (vedi post ). Per vaccinare 4,5 milioni di persone, secondo i calcoli delle Regioni, ci vorranno almeno tre mesi, si arriva cioè a metà maggio, con un enorme ritardo rispetto al Piano strategico nazionale che fissava nel primo trimestre del 2020 la completa copertura degli over 80. Piano strategico che è fallito anche sul piano organizzativo visto che – in assenza di una regìa centrale – le Regioni si stanno muovendo in ordine sparso, ognuna con le sue strategie e le sue convenienze (e non ci vorrà molto per vederne i risultati).

Di fronte a una situazione così drammatica – con un bollettino giornaliero di 300-400 morti al giorno, con il rischio di essere invasi dalle più disparate varianti del virus e di dover chiudere tutto (anche le scuole) per 4 mesi, come in UK – uno si sarebbe aspettato una reazione del Governo, un soprassalto, un pugno sul tavolo del Ministro. Invece niente. Solo subalternità e acquiescenza agli interessi di Big Pharma. Quando sono in gioco il diritto alla salute da una parte e la difesa del brevetto dall’altra, la partita è persa in partenza per la salute della popolazione. Un film già visto con i farmaci antiepatite al tempo del governo Renzi,  (leggi Epatite C e il diritto alla cura e Epatite C. Il profitto sopra tutto) , un film che si è ripetuto col governo Conte, sia pure in un contesto europeo, altrettanto remissivo. “Altro che Antropocene – scrive Michele Serra -: Profittocene. Nel Profittocene non è la Polis, è il Cda il luogo dove maggiormente si orienta la vita e la morte degli esseri umani”[2].

C’era molta attesa su quello che avrebbe detto il Presidente Draghi nel discorso di presentazione del suo Governo, riguardo a vaccini e politiche sanitarie. “Il principale dovere cui siamo chiamati tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini”. Ecco, ho pensato, l’ha detto: con ogni mezzo. Whatever it takes, la stessa fortunata frase pronunciata da Draghi per avvisare che la Bce avrebbe fatto qualunque cosa per difendere le economie europee dalla finanza speculativa.

Siamo ansiosi di conoscere come si concretizzerà tale impegno e vedremo se in “ogni mezzo” ci saranno anche misure che metteranno in discussione i brevetti di Big Pharma. Perché la battaglia contro la pandemia si vince solo se il coronavirus e le sue varianti saranno combattute su scala globale. E solo il ricorso alla deroga ai brevetti (licenza obbligatoria) – come richiesto da India e Sudafrica – può consentire che i vaccini possano arrivare tempestivamente e in quantità sufficiente in ogni parte del mondo. Subito dopo però è urgente trovare delle soluzioni definitive per impedire che la salute (e la vita) di miliardi di persone sia tenuta ogni volta sotto scacco da un pugno di Cda.

“Rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base: case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri prossimità contro la povertà sanitaria”, mentre il Presidente Draghi leggeva questo brano del suo discorso aveva alla sua destra quel Giancarlo Giorgetti, alto esponente della Lega, che la sanità territoriale – “quella roba lì” – la considerava finita. La proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNNR), approvata dal Governo Conte lo scorso gennaio, contiene un finanziamento di 4 miliardi per il rafforzamento della sanità territoriale, tra cui la realizzazione di 2.564 Case di Comunità (una per ogni 25mila abitanti). Il Governo Draghi confermerà la proposta? e che ne dirà la Lega?

 

Bibliografia

  1. Horton R. Offline: The path out of lockdown. Lancet 2021; 397: 565.
  2. Nemmeno Gengis Khan. L’amaca di Michele Serra del 2 febbraio 2021

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