In ricordo di Alessandro Liberati

Luca De Fiore

Una vita troppo breve spesa a favore dell’indipendenza, della trasparenza e della qualità della medicina

«Liberati [pausa] è così elegante…»

Il Professore – noto crocevia di carriere e finanziamenti industriali – pronuncia la frase rivolto a me per chiedere consenso. Alessandro è di fronte e chiude il triangolo intorno al tavolo: mi chiede con gli occhi se la parola elegante abbia per caso assunto un qualche diverso significato nel tempo della sua seconda permanenza degli Stati Uniti, da dove è appena tornato.

«Normale» rispondo al Professore con l’inesperienza ingenua di chi è ancora nei propri vent’anni.

Alessandro Liberati è stato medico e ricercatore, informa la pagina a lui dedicata su Wikipedia [1]. A distanza di dieci anni dalla sua morte – avvenuta il 1 gennaio 2012 – il quotidiano il manifesto gli ha dedicato una pagina che descrive con fedeltà alcuni dei punti chiave del suo pensiero e gli obiettivi del suo impegno per una sanità pubblica equa, partecipata e capace di proteggere i diritti dei cittadini [2]. «Una vita troppo breve spesa a favore dell’indipendenza, della trasparenza e della qualità della medicina» ha scritto Andrea Capocci in apertura dell’articolo, sottolineando tre elementi che avrebbero dovuto informare non solo l’assistenza e la cura, ma anche le decisioni di politica sanitaria nei mesi della pandemia. Quella che la Medicina Accademica italiana percepiva come eleganza in Alessandro Liberati era, in estrema sintesi, onestà e la semplicità di ispirare quello che faceva a valori che un tempo saremmo stati così temerari da definire universali. Non era una persona straordinaria: amava scherzare, gli piaceva assaggiare cose buone e vedere posti che non conosceva, leggeva libri e i giornali, quando veniva a Roma andava in giro affittando una Vespa, telefonava per chiederti come stavi, studiava. Era una persona normale, insomma, che teneva alla Salute – la propria e quella di tutti – e all’Internazionale: due buoni motivi per ricordarlo ancora su Salute Internazionale.

Un amico di Alessandro – Paolo Vineis – ha spiegato nell’autunno scorso e sempre ad Andrea Capocci e ai lettori del manifesto [3] come il virus ci abbia convinti «della necessità di uno sguardo più complesso sulle malattie» portandoci a vedere la salute come un bene comune, da proteggere in quanto tale. Alessandro non avrebbe avuto bisogno di questa scossa, anche se le pandemie svelano nella maniera più drammatica quanto la salute dei popoli del mondo sia interconnessa. Alessandro faceva fatica a dirti dove fossero le sue radici, se a Milano o a Roma o a Bologna, riconoscendo di aver lasciato parte di sé anche nelle città americane dove aveva studiato e lavorato, Los Angeles e Boston. I confini non avevano e non hanno ragione nell’attività di ricerca che ha visto collaborare Alessandro Liberati con persone di tanti Paesi del mondo e delle quali ancora oggi fatichi a tenere traccia sulla mappa per i continui spostamenti tra sedi istituzionali di diverse nazioni.

Uno sguardo internazionale che non prevedeva confini, linee prive di senso anche sulle mappe che tracciano il contagio. Semmai, possono in qualche misura suggerire diverse strategie di contenimento della diffusione, quasi sempre destinate comunque a perdere di significato. Ciononostante, quelle stesse linee sono intese come la spinta per separare «noi» da «loro», per giustificare un senso di appartenenza locale, regionale o nazionale che altrimenti non avrebbe ragion d’essere. «No one is safe until everyone is safe» hanno dichiarato l’Organizzazione mondiale della sanità e l’Unione europea [4] e questa convinzione avrebbe dovuto incentivare durante i primi due anni di pandemia un’azione condivisa e molto più coordinata a livello internazionale.

“Public health is there for everyone, not just national and European but also at globally.” [5]

La mancanza di coordinamento è stato un determinante anche dell’eccesso di informazione, legato a un incontrollato dispendio di risorse economiche e umane nel disegnare e condurre ricerca inutile che ha prodotto un numero di pubblicazioni senza precedenti. Lo spreco – il research waste – è il problema sul quale Alessandro Liberati ha concentrato la propria attenzione negli ultimi anni della propria vita [6]: occorrerebbe investire nella ricerca utile ai cittadini e non (soltanto) redditizia per l’industria. L’impressione è che di questo, nell’Italia travolta dalla pandemia, non si sia parlato abbastanza, probabilmente sedotti dal mantra della necessità indifferibile della ripresa economica. Anche oggi, farsi un’idea degli investimenti effettuati dalle istituzioni e dei risultati ottenuti non è semplice e la sensazione è che l’attenzione sia stata prevalentemente – se non esclusivamente – rivolta all’autorizzazione di studi su interventi farmacologici a contrasto del virus, trascurando anche nel nostro Paese la ricerca sull’efficacia, la praticabilità e l’implementazione delle strategie organizzative e delle misure fisiche di protezione e di ostacolo alla diffusione del virus nella comunità, negli edifici scolastici, sui mezzi pubblici.

L’emergere di un nuovo virus con caratteristiche sconosciute o incerte ha prevedibilmente sconvolto i sistemi sanitari e messo in crisi i decisori istituzionali anche perché – a fronte di un’offerta di informazioni ingovernabile – la necessità di sintesi tempestive delle prove è rimasta inevasa. Problema dunque direttamente legato all’information overload e comune a tutti i Paesi del mondo, ha trovato risposta da collaborazioni internazionali che hanno iniziato a lavorare a revisioni rapide e living delle prove [7]. Eseguite più rapidamente senza rinunciare a metodi trasparenti e riproducibili, sono le più appropriate per rispondere a specifiche domande rilevanti per la politica [8]. Alcune esperienze sono particolarmente significative: dal mapping delle linee guida covid-19 svolto dal Department of health research methods, evidence, and impact della McMaster University [9] al progetto del Governo australiano [10]. In Italia? Medici, infermieri, farmacisti ospedalieri, dirigenti sanitari devono orientarsi in una sezione del sito dell’Agenzia italiana del farmaco tra molto sintetiche raccomandazioni, determine e schede informative su farmaci non sempre aggiornate [11]. Eppure, le competenze utili per produrre living systematic reviews in Italia non sarebbero mancate.

Mi fermo qui, sottolineando ancora quanto ci sia mancato uno sguardo universale che aiutasse ad agire nell’emergenza sanitaria, economica e sociale, un’attenzione ad evitare gli sprechi di risorse umane ed economiche, la determinazione ad avvicinare le prove ai professionisti sanitari per costruire conoscenze e saperi robusti e condivisi.

Obiettivo di questo post non è celebrare Alessandro Liberati ma conservare e sostenere il ricordo dei valori ai quali è stata ispirata la sua vita, per risvegliare il senso di appartenenza ad una comunità. In queste settimane di passaggio di anno è stato utile rileggere una piccola raccolta di scritti di Remo Bodei per ricordare che «la memoria e l’oblio non rappresentano terreni neutrali, ma veri e propri campi di battaglia, in cui si decide, si sagoma e si legittima l’identità, specie quella collettiva» [12]. Un’identità di cui era portatore lo sguardo della medicina basata sulle prove – nei confronti della medicina accademica, dell’operato di molte società scientifiche, della collusione tra interessi di ricercatori e industrie – e che inevitabilmente si traduceva in un conflitto. Attrito che sembra oggi essersi composto in una convivenza sospetta tra i diversi attori della sanità. La difficoltà di accedere alle prove, di potersi affidare ad esse per prendere decisioni con minore incertezza, l’inaffidabilità di gran parte dei risultati di una ricerca mal disegnata e peggio condotta fanno somigliare il futuro più ad una minaccia indeterminata che ad una promessa.

Sarà per questo che è l’incertezza il sentimento identitario più forte in chi legge questo post. E che sollecita a lavorare ancora perché qualcuno più giovane di noi sia disposto a inventare percorsi nuovi per la salute e la sanità ispirati ai valori che hanno informato la vita di Alessandro Liberati.

 

Ad Alessandro è intitolata, dal 2012, l’Associazione Alessandro Liberati Cochrane Affiliate Centre.

L’associazione non ha finalità di lucro e promuove in Italia percorsi formativi e di ricerca guidati dallo sguardo della medicina basata sulle prove.

Per iscriversi all’associazione: https://associali.it/come-associarsi/

Per seguirne le attività: https://associali.it/come-associarsi/

 

Luca De Fiore, Direttore generale del Pensiero Scientifico Editore

Bibliografia

  1. Alessandro Liberati. In: Wikipedia. Ultima modifica 15 settembre 2020. Ultimo accesso 2 gennaio 2022.
  2. Capocci A. Al cuore della medicina. il manifesto 2022; 1 gennaio. Ultimo accesso 3 gennaio 2022.
  3. Capocci A. Paolo Vineis, curare con la politica. il manifesto 2020; 11 novembre Ultimo accesso 3 gennaio 2022.
  4. Burström B, Tao W. Social determinants in health and inequalities in COVID-19. Eur J Public Health 2020; 30:617-8.
  5. Zeegers Paget D, Allebeck P, Nagyova I. COVID-19: What have we learned? What are the public health challenges?, Eur J Public Health 2021;31 (Suppl 4):iv1–iv2.
  6. Liberati A. Need to realign patient-oriented and commercial and academic research. Lancet 2011;378:1777-8.
  7. Elliott J, Lawrence R, Minx JC, et al. Decision makers need constantly updated evidence synthesis. Nature 2021; 600: 383-5.
  8. van Schalkwyk MC, McKee M. Research into policy: lessons from the COVID-19 pandemic. Eur J Public Health 2021;31(Suppl 4):iv3-8.
  9. McMaster University. Covid-19 Recommendations and gateway to contextualization. Ultimo accesso 3 gennaio 2022.
  10. National covid-19 clinical evidence taskforce. Caring for people with covid-19. Ultimo accesso 3 gennaio 2022.
  11. Agenzia italiana del farmaco. Emergenza Covid-19. Ultimo accesso 4 gennaio 2022.
  12. Bodei R. La speranza dopo il tramonto delle speranze. In: il Mulino 1991; p. 333. Ripubblicato in: Bodei R. Libro della memoria e della speranza. Bologna: Il Mulino, 1995.
  13. De Fiore L. Una giornata particolare. In ricordo di Alessandro Liberati. Salute Internazionale, 07.07.2013

 

 

 

 

 

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