Il Medico e lo Psicologo

Giuseppe Parisi e Giulia Occhini

L’esperienza del lavoro in comune tra medici di medicina generale e psicologi nel corso di varie attività: visite mediche individuali, incontri di gruppo rivolti alla comunità locale per la promozione del benessere, in una prospettiva biopsicosociale. Il libro di Attà Negri e Claudia Zamin.

Nel campo delle cure primarie continuano a fiorire esperienze belle e importanti. Una di queste è raccontata nel libro “Medici di Medicina Generale e Psicologi lavorano insieme. Elementi teorici, riflessioni e pratiche per professionisti delle Cure Primarie” scritto da Attà Negri e Claudia Zamin per Cultura e Salute Editore Perugia (2022).  Nel testo i due autori descrivono e riflettono su una esperienza di cui sono stati anche promotori e attori, denominata Medico&PsicologoInsieme, in cui psicolog* hanno affiancato medic* di medicina generale nel corso delle visite mediche e hanno altresì promosso varie attività come incontri individuali, gruppi rivolti alla comunità locale e promozione del benessere in una prospettiva biopsicosociale. Con una gustosa prefazione di Ardigò Martino sull’importanza del posizionamento etico, politico ed estetico dei professionisti, il testo si compone di un’introduzione curata da Giuseppe Parisi, che situa l’esperienza nella tormentata storia della Medicina Generale italiana, e di otto capitoli.  I primi tre sono dedicati ad approfondire il tema dell’interprofessionalità anche con alcune esemplificazioni cliniche; successivamente, si ritrovano brevi ma puntuali richiami storici alla fondazione del SSN e delle cure primarie, nonché al rapporto che intercorre tra Psicologia e Primary Health Care (PHC), rappresentando una formidabile introduzione anche per il profano alla storia e all’impianto teorico della PHC. Il quarto capitolo, cuore del volume, racconta l’esperienza del progetto Medico&PsicologoInsieme, mentre i due successivi sono utilissimi approfondimenti sul setting, il dispositivo e il processo terapeutico. I restanti capitoli sono dedicati al racconto delle attività di promozione della salute e alla diffusione delle attività nella comunità in cui l’ambulatorio medico è situato; nella parte finale non manca l’invito rivolto a tutti gli gli operatori di essere protagonisti nel promuovere una cultura salutogenica anche nella comunità interprofessionale. Le testimonianze di giovani medici tirocinanti, che sono stati osservatori partecipanti del progetto, ci dicono che è possibile ampliare gli orizzonti. Hanno collaborato alla scrittura del testo anche Anna Paladino, Eleonora Mandia, Giulia Parisi.

Il testo rappresenta una novità nel panorama culturale ed epistemologico italiano, per almeno due ragioni. Innanzitutto, perché gli autori descrivono in modo analitico una esperienza che è quasi unica nel nostro paese: ispirati dalle storiche intuizioni e prassi del gruppo di Luigi Solano, le hanno declinate e ampliate nella realtà lombarda; in secondo luogo, aspetto fondamentale, hanno ancorato la loro esperienza in un mosaico teorico di tutto riguardo: è lei il trampolino di lancio per la teorizzazione e non viceversa.

Vediamo in dettaglio il primo punto, ovvero la copresenza nell’ambulatorio di medicina generale, dove medico e psicologo insieme incontrano il paziente oppure stimolano, sempre congiuntamente, incontri di gruppo interni al setting o rivolti alla comunità locale.  Cambiando vertice, il paziente entra dalla porta dello studio medico o nella sala della propria comunità trovandosi davanti due figure professionali tanto diverse quanto complementari.

Passiamo ora al secondo aspetto. La teorizzazione è legata alla pratica e si libera dell’indeterminatezza e della difficile comprensione del linguaggio disciplinare, rendendo possibile un pensiero situato e fertile. Inoltre, Negri e Zamin propongono delle riflessioni sul ruolo della psicologia, del professionista psicologo che lavora con il medico, rispetto alla cornice della PHC di tipo comprehensive, facendo un passo avanti rispetto ai tribalismi professionali e alle soluzioni di breve periodo che troppo spesso popolano la nostra attualità. Così la questione non riguarda “la giustapposizione di saper fare bene delle cose insieme” ma i professionisti sono chiamati a assumere un atteggiamento curioso e riflessivo delle pratiche co-costruite, favorendo l’emergere di mètacompetenze che, come ricorda Ardigò Martino, sono patrimonio di tutti e di nessuno in particolare ma appartengono solo a quell’equipe. L’ancoraggio teorico alla PHC è indispensabile, rendendo davvero originale, attuale e pratica la proposta degli autori.

L’esperienza si sviluppa nel periodo precedente la pandemia, continuando anche durante i mesi di isolamento sociale e in qualche modo arricchendosi della capacità di rispondere alle difficoltà poste dalla sindemia ed è tuttora in corso, invitando altri operatori a sperimentarsi nelle proprie realtà locali a prescindere da fondi o finanziamenti a scadenza come hanno fatto gli autori raccontandolo nel volume. Nasce quindi in un periodo che vede un diffondersi di problemi psicologici e sociali di fronte ai quali i servizi, già in difficoltà, non hanno risorse sufficienti per rispondere. Il progetto viene realizzato in una regione, la Lombardia, le cui politiche sanitarie sono state oggetto di forte dibattito e dove è in fase di discussione l’introduzione della figura del cosiddetto psicologo di base (PDL n° 216). Allo stesso tempo, nel contesto nazionale, è in atto l’introduzione del bonus psicologo (GU 148/2022). La proposta di Negri e Zamin riesce ad anticipare e al contempo oltrepassare queste azioni di maquillage suggerendo un (apparentemente) semplice cambio di setting – un medico e uno psicologo che sincronicamente, dalla stessa parte della scrivania, conducono una consultazione con il paziente – che ha però la potenzialità di ricadute virtuose per i pazienti e per il sistema sanitario inimmaginabili.

Le riflessioni proposte rappresentano un grande contributo in vista dell’apertura delle Case di Comunità previste dal Piano Nazionale Ripresa e Resilienza. Infatti, Negri e Zamin suggeriscono che l’auspicata introduzione della figura dello psicologo nella rete di cure primarie (e che non chiamano mai psicologo di base!) debba essere realizzata all’interno di un progetto di stretta collaborazione interdisciplinare con le altre figure sociali e sanitarie in primis. Non specialisti isolati nelle stanze di uno stesso stabile, padroni della propria materia, ma professionisti capaci di confrontarsi e mettersi in gioco creativamente. Altrimenti, mettono in guardia Negri e Zamin, si corre il rischio di riproporre la frammentazione mente-corpo nel pensare di poter suddividere con l’accetta i problemi presentati dalle persone in corporei e psicologici. Gli autori invitano a leggere i sintomi alla luce dell’unitarietà della persona nelle componenti biologica, psicologica e sociale insieme, affinando le capacità di lavorare all’interno di gruppi multiprofessionali e multidisciplinari. Inoltre, viene sollecitata  la possibilità di pensare fuori dagli schemi, di immaginare (come hanno fatto nel progetto) percorsi di promozione della salute, di “curare la stessa rete di cura” e sviluppare un modello capace di innescare processi virtuosi nel sistema. Infatti, medico e psicologo nel condividere concretamente l’ascolto della persona consentono l’allestimento di un dispositivo inedito: uno spazio di crescita esponenziale per il benessere tanto dei pazienti quanto degli operatori e dunque del servizio sanitario. Un ascolto equo, tempestivo, accessibile a tutti che disinnesca i circoli viziosi della malattia verso la cronicità: una diga che può inondare qualunque campo del ben-essere.

Il libro ci interroga sulla capacità delle istituzioni di proporre soluzioni efficaci, di lungo periodo, lungimiranti, nonché sulla disposizione dei professionisti a mettersi in gioco in un contesto in continua trasformazione come quello delle cure primarie e delle equipe multiprofessionali, chiamate anche a interrogarsi sul ruolo e lo scopo del proprio essere all’interno di una comunità di riferimento.

Per questi motivi consigliamo la lettura del libro a tutti. Ai medici di famiglia che si interrogano su come migliorare la risposta ai bisogni biopsicosociali dei propri pazienti; agli psicologi incuriositi dalle prospettive di lavoro nelle case della comunità e nelle cure primarie, che vogliano approfondire le sfide che devono affrontare; a decisori politici, per documentarsi sui benefici che il modello proposto può apportare; infine a chiunque si appassioni di salute e voglia restare aggiornato sullo sviluppo del percorso di consapevolezza che le diverse professioni sono chiamate svolgere nei confronti delle necessarie riforme nel panorama della salute globale.

 

Giuseppe Parisi – Medico di Medicina Generale
Past President SIPeM, School of Medicine and Surgery, Università di Milano Bicocca
Giulia Occhini, Medica di Medicina Generale
Casa della Salute delle Piagge, Firenze

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