Salute senza Frontiere
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- 13 Aprile 2023
Ambrogio Manenti
Un’esperienza quotidiana di impegno reale, in una Regione, la Lombardia, in cui la gestione della salute esclude dalle cure primarie gli stranieri non in regola (ma anche gli italiani che vivono ai margini), interpretando la legge nazionale in modo restrittivo.
La salute
L’idea generale di Salute senza Frontiere è basata sulla convinzione secondo cui erogare servizi di integrazione non sia buonismo[1] ma una scelta pragmatica orientata a tutelare la società nel suo complesso, consapevoli che popolare le città di individui marginali non giova a nessuno. Abbiamo iniziato, un gruppo di medici e operatori sociali volontari, 5 anni fa[2] durante un periodo in cui l’atmosfera generale nel paese era segnata da un atteggiamento particolarmente ostile nei confronti degli stranieri anche perché foraggiato da un Ministro degli Interni che sul discorso contro i migranti aveva creato il suo successo politico ed elettorale. In una regione, la Lombardia, in cui la gestione della salute esclude dalle cure primarie gli stranieri non in regola (ma anche gli italiani che vivono ai margini), interpretando la legge nazionale in modo restrittivo. Controcorrente, ed esposti a sporadiche aggressioni verbali, abbiamo aperto una piccola sede nel centro di Cologno Monzese, diventata presto un punto di incontro per stranieri con o senza permesso di soggiorno e italiani poveri, persone svantaggiate.
La prima iniziativa è stata un servizio sanitario di medicina di base pensato con medici e mediatori culturali (termine che ci apparso subito ridondante rispetto al know how dei nostri volontari che abbiamo presto chiamato più realisticamente “facilitatori”). Immediatamente la definizione di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (“Uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”) e la comprovata importanza dei determinanti sociali della salute (che includono il livello di istruzione, del reddito, dell’occupazione, dell’ambiente di lavoro e di vita, e della qualità dei servizi) si è materializzata in una domanda da parte di coloro che si rivolgevano a noi. Si trattava di una domanda che era solo in parte una richiesta specifica di attenzione medica ma anche, e soprattutto, una istanza (una invocazione?) estesa a un ambito sociale più ampio.
Le persone chiedevano sì una diagnosi, un farmaco, un rimedio contro un dolore o una infiammazione ma chiedevano anche e spesso un aiuto per la ricerca di un lavoro (operazione complessa in particolare per una persona senza permesso di soggiorno), il supporto per trovare una casa (impresa quasi impossibile per uno straniero del sud del mondo), la protezione da un marito violento (azione difficile con il ridimensionamento della assistenza territoriale e la quasi sparizione negli ultimi anni, particolarmente nella regione Lombardia, di servizi come i centri antiviolenza, i consultori, i centri psico-sociali), la richiesta di iscrivere i figli alla scuola (azione che richiede una negoziazione con i direttori e che può diventare un’impresa proibitiva se il ragazzo-a ha superato l’età dell’obbligo), la richiesta di cibo e soldi soprattutto durante il periodo di chiusure per il Covid (attività d’emergenza che richiede donazioni specifiche da parte di sostenitori) e un consiglio specifico su come accedere a documenti e permessi e ad una condizione formale meno precaria (informazione che richiede specifiche competenze legali).
Con un reclutamento di un maggior numero di volontari e mobilitando un network territoriale legato al terzo settore e alle componenti di istituzioni pubbliche, ancora disponibili a svolgere una funzione che dovrebbe corrispondere al mandato ordinario di servizi di welfare, abbiamo cercato di far fronte a queste domande. Così da originale servizio medico pensato per ovviare alla mancanza di un servizio pubblico di medicina di base per fasce di popolazione escluse dal Servizio Sanitario Nazionale nella nostra regione, ci siamo trasformati rapidamente in servizio socio-sanitario che ha articolato un supporto medico e psico-sociale con percorsi personalizzati di presa in carico e un’azione di orientamento ai servizi socio-assistenziali del territorio per le competenze che non avevamo direttamente. Un gruppo di operatori sociali e medici volontari gestisce questa attività che ha coinvolto un’utenza variegata di centinaia di persone (oltre 500). Attualmente il servizio medico è aperto un pomeriggio alla settimana e quello sociale una mattina, entrambi con visite esterne con una presa in carico che continua fuori sede.
L’educazione
Oltre a questo, l’amministrazione comunale di Cologno Monzese ha contribuito ad ampliare la nostra attività come associazione con l’improvvida decisione nel 2018 di “sfrattare” la scuola di italiano che si teneva in spazi comunali gestita da un ente pubblico (Centro provinciale per l’Istruzione degli Adulti-CPIA/Ministero della Pubblica Istruzione) con un pretesto logistico ma di fatto con una iniziativa politica di chiusura rispetto ad attività di integrazione della comunità straniera della città, che tra l’altro rappresentava in quel periodo ben il 17% della popolazione. Avendo a quel punto la nostra associazione Salute Senza Frontiere-SASEF offerto un locale della nostra sede per ospitare un paio di corsi di italiano dei numerosi precedentemente gestiti dal CPIA, siamo diventati in breve tempo un riferimento per la comunità straniera: un “tam-tam” tipico di queste situazioni aveva diffuso l’informazione che erano ripresi da noi i corsi sospesi dal Comune.
Così, senza il rigoroso criterio pedagogico di una scuola per adulti strutturata, abbiamo aperto le iscrizioni per la scuola di italiano a chiunque, stranieri con o senza permesso, mamme con o senza bambini, persone appena arrivate in Italia o residenti da parecchi anni con una diversa conoscenza della lingua italiana. Abbiamo reclutato, dopo un breve corso di formazione, “insegnanti” volontari e allestito vari corsi nella nostra sede, che presto però non è stata più sufficiente per accogliere le richieste degli iscritti. Altri locali, offerti dal sindacato (CGIL e CISL) e da oratori di un paio di parrocchie di Cologno (San Giuseppe e San Marco) si sono aggiunti. Dal 2019 SASEF ha attivato anche percorsi di supporto scolastico per minori, tenuti nelle ore pomeridiane dai volontari dell’associazione in collaborazione con altre associazioni. Sinergie con le scuole primarie e secondarie di primo grado sono state attivate e SASEF ha sostenuto attività mirate su progetti specifici di contrasto alla povertà educativa.
I problemi che abbiamo dovuto affrontare e che rimangono in parte tuttora aperti sono ad esempio la difficoltà a gestire nuovi inserimenti in gruppi già formati e far fronte alla presenza di bambini, il dilemma tra formare classi con gruppi omogenei di persone provenienti dagli stessi paesi o luoghi ove si parla una lingua simile e la cultura è affine oppure optare per gruppi misti oppure il come affrontare la precarietà della frequenza alle lezioni con persone che partecipano ma spesso non regolarmente per via di offerte improvvise di lavoro o bambini malati o altri aspetti che caratterizzano vite comunque contrassegnate da provvisorietà e insicurezza. Tuttavia, accettando la partecipazione delle donne con figli piccoli, quando possibile con il supporto di babysitter, e mantenendo costantemente aperte le iscrizioni, SASEF ha consentito la frequenza ad un grande numero di donne.
La scuola di italiano di SASEF gratuita e sempre accessibile è quindi andata configurandosi come un luogo utile a sviluppare un’occasione di incontro tra persone relativamente isolate piuttosto che essere solo una scuola con uno specifico piano di insegnamento. Luogo utile per la gran parte dei corsisti, soprattutto donne spesso “relegate” in casa come casalinghe con la responsabilità di accudire i figli e assistere il marito oppure donne – per lo più provenienti dall’America Latina o dall’Ucraina – anch’esse “relegate” in casa come badanti 22 ore al giorno in genere 7 giorni la settimana con 2 sole ore di pausa. La scuola di Italiano è stata attiva dal gennaio 2019 e ha coinvolto (funzionando anche durante il Covid con corsi a distanza) circa 600 corsisti, in maggioranza donne, provenienti da una ventina di paesi diversi. Attualmente i corsi sono 22 e coinvolgono più di 200 persone. Le iscrizioni sono sempre aperte e nuovi corsi si allestiscono man mano.
Iniziative pubbliche
SASEF avendo l’ambizione non solo di erogare servizi a persone svantaggiate, ma anche di cercare di promuovere una riflessione collettiva sulle cause strutturali – politiche, economiche, culturali – che producono esclusione sociale e sofferenza, ha organizzato iniziative pubbliche su tematiche relative alla salute, alle migrazioni, alle diseguaglianze, a temi sociali di attualità diffondendo informazioni e strumenti critici di lettura della realtà. Abbiamo poi organizzato proiezioni di film, feste di piazza, aperitivi sociali, scambi di piatti tradizionali, perché le attività di SASEF hanno messo in luce anche bisogni di ricreazione, divertimento e leggerezza da parte delle persone coinvolte. Possiamo concludere che con SASEF cerchiamo di favorire l’accoglienza, il dialogo ed i rapporti fra gruppi e culture diverse. E certamente siamo un presidio sul territorio per gruppi deboli e svantaggiati, riconoscendone i diritti di base. La nostra esperienza ci dice che la relazione diretta con l’altro sgretola i pregiudizi e migliora la vita delle persone, i “beneficiari”, i volontari. Tutte le persone di una comunità.
Ambrogio Manenti, Medico di sanità pubblica.
SITO: Sa.Se.F SALUTE SENZA FRONTIERE | SERVIZIO GRATUITO DI CONSULENZA SOCIO-SANITARIA (sasef.it)
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Bibliografia
Saraceno, B. Editoriale: Tempi di assedio. SOUQ Centro Studi Sofferenza Urbana. 1 agosto 2016
[1] “Buonismo” è la parola che serve a squalificare ogni azione che protegga e tuteli i più vulnerabili. Dunque diritti acquisiti e legittimi di carcerati, di tossicodipendenti, di immigrati cessano di essere considerati diritti ma diventano pericolose espressioni di buonismo…Così si è convinta la popolazione che non si parla più di certezza del diritto ma di semplici opzioni per la bontà “molle”… Ma la Costituzione non è né molle né dura, né buona né cattiva bensì è la carta del patto fra i cittadini. Ma pochi se lo ricordano, pochi lo sanno e a tutti fa più comodo pensare che la Costituzione e le leggi sono optionals dei buoni. (Saraceno, 2016)
[2] Inizialmente come progetto della Cooperativa Sociale New Ideas of Welfare e dal gennaio 2022 come Associazione Salute senza Frontiere-SASEF, Ente del Terzo Settore.