La formazione specialistica in Africa

Valentino Calvez e Gianluca Quaglio

Dal 2002 è attivo il programma JPO (Junior Project Officer) che permette a specializzandi in Medicina e chirurgia, provenienti da 37 Università italiane, di effettuare una rotazione clinica della durata di sei mesi in uno degli ospedali africani sostenuti da Medici con l’Africa Cuamm. Uno studio ha raccolto le esperienze dei partecipanti al programma. Molti di loro hanno dichiarato che l’esperienza ha avuto un impatto sulle future scelte di carriera.

L’articolo “International medical electives in Sub-Saharan Africa: experiences from a 19-year NGO-driven initiative”, pubblicato a marzo 2023 nella rivista BMC Medical Education, ha come obiettivo di presentare il programma Junior Project Officer (JPO) di Medici con l’Africa Cuamm e la sua rilevanza nella formazione del medico in formazione specialistica, attraverso la somministrazione di un questionario agli specializzandi partiti come JPO tra il 2002 al 2020.

Programma JPO

Medici con l’Africa Cuamm è la prima organizzazione non governativa (ONG) italiana nel campo della promozione e della tutela della salute delle popolazioni africane. Attualmente opera in 8 paesi dell’Africa subsahariana, affiancando il lavoro di medici, infermieri ed operatori locali in 23 ospedali distrettuali e 761 centri di salute periferici, intervenendo soprattutto negli ambiti della salute materno-infantile, della nutrizione, delle malattie infettive e delle patologie croniche. Nel 2021, Medici con l’Africa Cuamm aveva 4.518 operatori sanitari e tecnici sul campo. L’organizzazione lavora con una prospettiva di sviluppo a lungo termine, spesso intraprendendo progetti che dureranno per decenni. Inoltre Medici con l’Africa Cuamm promuove la formazione sanitaria attraverso il sostegno di 4 scuole di infermieristica e ostetricia e di un’università.

Dal 2002 è attivo il programma JPO che permette a specializzandi in Medicina e chirurgia, provenienti da 37 Università italiane, di effettuare una rotazione clinica della durata di sei mesi in uno degli ospedali africani sostenuti da Medici con l’Africa Cuamm. Otto sono i paesi e diverse le potenziali destinazioni: Angola (ospedale di Chiulo, Luanda); Etiopia (ospedale di Wolisso); Mozambico (ospedale centrale di Beira); Repubblica Centrafricana (ospedale di Bangui); Sierra Leone (ospedale di Freetown, ospedale e centri sanitari del distretto di Pujehun); Sud Sudan (ospedale di Yirol e ospedale di Lui); Tanzania (ospedale di Tosamaganga); Uganda (ospedale di Aber e ospedale di Matany).

Gli specializzandi interessati a quest’esperienza devono sottoporsi a un processo di selezione che consiste in diversi passaggi con l’obbiettivo di valutare la loro motivazione, sensibilità culturale e l’impegno che sono disposti a dare per lavorare in un contesto a risorse limitate. Per candidarsi è necessario compilare una domanda di iscrizione fornendo dati personali, profili accademici e professionali e le ragioni che spingono i candidati a “lanciarsi” in quest’esperienza fuori dall’usuale percorso di formazione specialistica. È prevista una formazione pre-partenza organizzata da Medici con l’Africa Cuamm. Dal 2002, la formazione è stata progressivamente rivista, sulla base del feedback dei partecipanti e dei tutor degli ospedali africani. Attualmente il corso è composto da quattro moduli principali. Il primo è dedicato agli obiettivi del JPO. Il secondo fornisce informazioni sulla gestione di attività cliniche specifiche, oltre a concetti di gestione ospedaliera e di salute pubblica in contesti a risorse limitate. Il terzo modulo mira a sensibilizzare gli specializzandi al contesto socio-culturale del paese ospitante ed è quindi paese-specifica, include informazioni su come i fattori storici, come la colonizzazione e lo sfruttamento delle risorse abbiano influenzato i servizi sanitari odierni. Inoltre, contiene anche una sezione dedicata alla situazione epidemiologica del paese. Il quarto ed ultimo modulo fornisce informazioni burocratiche e pratiche. Generalmente tutti i formatori o i relatori sono professionisti in salute con ampia esperienza in paesi a risorse limitate.  Per ogni candidato viene individuata la località africana più adatta alla persona.

Durante il loro periodo da JPO, gli specializzandi sono tenuti a partecipare a tutte le attività quotidiane dell’ospedale, come alle visite ai pazienti, alla discussione dei casi, alla diagnosi e alla gestione delle malattie, gli incontri con gli infermieri e le famiglie e compilare formulari in loco. Si familiarizza così con l’epidemiologia e con i limiti del sistema sanitario locali. Generalmente si comunica con pazienti e parenti utilizzando la lingua nazionale (come lo swahili, l’inglese, il francese o il portoghese). A livello delle comunità o in zone più remote, le persone parlano generalmente solo dialetti locali, qui le barriere linguistiche vengono superate grazie all’aiuto dei responsabili sanitari distrettuali e ai cosiddetti “community health workers”. I medici strutturati, europei espatriati o locali, affiancano gli specializzandi nel ruolo di tutor, supportandoli nell’affrontare le difficoltà che inevitabilmente si incontrano in contesti a basse risorse.

Metodi

Lo studio è stato di tipo “cross-sectional”, un’indagine trasversale effettuata nel luglio 2021 tramite la somministrazione di un questionario online, distribuito a tutti gli specializzandi che hanno partecipato al programma JPO tra il 2002 e il 2020. I dati sono stati raccolti in condizioni di completo anonimato e i partecipanti allo studio previamente informati che i dati sarebbero stati utilizzati esclusivamente per scopi di ricerca. Il questionario era suddiviso in tre sezioni: (i) informazioni generali e preliminari; (ii) l’esperienza; (iii) il post-esperienza.

 Risultati 

Dei 241 questionari distribuiti, 157 sono stati completati, un tasso di risposta corrispondente al 65%. La maggior parte dei questionari (54%) sono stati compilati dagli specializzandi partiti come JPO negli ultimi 5 anni del periodo di studio. Il 74% era di sesso femminile e le specializzazioni più coinvolte sono state pediatria, salute pubblica e medicina interna (o specializzazioni affini). Gli ospedali che hanno ospitato il maggior numero tirocinanti sono stati quelli di Wolisso (Etiopia), Tosamaganga (Tanzania) e Beira (Monzambico). Al momento della partenza, la maggior parte frequentava il quarto o il quinto anno di specializzazione.

Nel periodo tra il 2002 e il 2020, il programma JPO di Medici con l’Africa Cuamm ha ricevuto una media di 30 richieste all’anno, con una media di 12 partenze per anno. Tuttavia, il numero di JPO è progressivamente aumentato nel corso degli anni, superando le 50 richieste e le 25 partenze per anno.

Pre-partenza

Il supporto ricevuto pre-partenza, è stato valutato positivamente dal 75% degli specializzandi. Le maggiori criticità emerse riguardavano la preparazione specifica alle attività cliniche, principalmente la mancanza di informazioni specifiche relative alla sede (ospedale) di destinazione, alle risorse disponibili e alle disposizioni organizzative interne. Il 25% degli intervistati ha dichiarato che la propria scuola di specializzazione non ha accolto favorevolmente la propria scelta di partecipare al progetto JPO di Medici con l’Africa Cuamm.


L’esperienza africana

Circa il 64% ha segnalato difficoltà legate alla carenza di attrezzature (materiali, dispositivi, farmaci, ecc.), alle diverse modalità di lavoro (57%) e all’esposizione a situazioni per le quali non si sentiva tecnicamente preparato (56%). Anche la percentuale di coloro che hanno sperimentato difficoltà dovute all’esposizione a situazioni per le quali non si sentivano psicologicamente preparati è stata significativa (39%). Per questi risultati, non sono emerse differenze statisticamente significative tra gli ospedali dei diversi paesi ospitanti. Mentre l’ostacolo “esposizione a situazioni tecnicamente difficili” è stato segnalato dall’85% di coloro che hanno lavorato nell’area chirurgica e dal 49% di coloro che hanno lavorato nell’area medica.


Post-partenza

In totale, il 58% degli intervistati ritiene che gli obiettivi formativi siano stati pienamente raggiunti; per il 40% gli obiettivi formativi sono stati raggiunti solo parzialmente; solo il 2% ha dichiarato il contrario. Gli specializzandi considerano l’esperienza del JPO importante per la propria crescita professionale e personale (rispettivamente il 93% e l’80% degli intervistati). L’analisi di queste risposte in relazione al periodo di partenza e all’area di lavoro (medica o chirurgica) non ha rivelato differenze significative. Gli intervistati affermano di avere beneficiato in termini di autonomia sul lavoro e fiducia in sé stessi (79%) e di resilienza (77%). Anche per questi risultati, il periodo di partenza e l’area di lavoro non hanno determinato differenze statisticamente significative.

Quarantadue partecipanti (27%) hanno dichiarato che l’esperienza ha avuto un impatto sulle loro future scelte di carriera. In effetti, a seguire, il 29% ha trascorso un ulteriore periodo di tempo in un contesto medico in Africa e il 33% pensa di fare altre esperienze simili in Paesi a basso reddito in futuro; il 50% degli specializzandi ha mantenuto contatti con l’ambiente africano e il 91% ha mantenuto qualche forma di contatto con Medici con l’Africa Cuamm (formazione, attività di cooperazione, ecc.).

Discussione

La globalizzazione influisce su molti aspetti della salute pubblica, come è stato sottolineato dalla pandemia COVID- 19, ma la formazione medica tradizionale rimane sostanzialmente incentrata su questioni nazionali e non di salute globale. La salute globale è un concetto e una realtà che sono emersi quasi interamente dalle istituzioni occidentali. Sono tante le associazioni che promuovo periodo di “volontariato” o formazione di paesi a ridotte risorse. Sono state portate alla luce molteplici preoccupazioni, tra cui la critica neocoloniale, in quanto questi tirocini internazionali sono svolti prevalentemente da gruppi privilegiati, che, secondo alcuni ricercatori, spesso presumono di poter fare la differenza senza comprendere le complessità del contesto in cui si agisce.

È pertanto di fondamentale importanza garantire che i tirocinanti internazionali siano ben preparati all’esperienza, che siano affiancati a personale locale o esperto del luogo e che le attività svolte sul campo siano volte a ridurre (o mitigare) quanto più possibile le differenze in termini di conoscenze, risorse e livello di assistenza sanitaria. Invece di concentrarsi solo sulle capacità biomediche e cliniche, le pratiche di salute globale dovrebbero adottare approcci multidisciplinari, riconoscendo le disuguaglianze sociali ed economiche a livello comunitario e globale.

Con queste premesse, la formazione sulla salute globale attraverso esperienze come il programma JPO di Medici con l’Africa Cuamm è quindi più importante che mai. Oltre a cercare di fornire la migliore formazione pre-partenza auspicabile, Medici con l’Africa Cuamm mantiene delle relazioni stabili e durature con gli istituti ospitanti, integrandosi nella comunità. Questo permette una profonda conoscenza del contesto, riducendo i rischi potenziali e assicura un livello di supervisione più soddisfacente, la cui mancanza costituisce un grave problema in molte esperienze simili.

Gli specializzandi partiti come JPO con Medici con l’Africa Cuamm hanno riportato benefici dalla loro esperienza che rientrano in tre categorie.

  • A livello professionale, hanno dichiarato di essere tornati a casa con una migliore autostima medica, un maggiore senso di empatia verso i pazienti e una maggiore consapevolezza dei problemi relativi all’uso delle risorse. Ciò ha contribuito a migliorare l’utilizzo delle risorse al ritorno a casa.
  • A livello educativo, gli specializzandi hanno riferito un interesse più profondo per la gestione dei servizi sanitari ed una maggiore attenzione su questioni come le disuguaglianze sanitarie, i danni all’ambiente e lo spreco di risorse sanitarie.
  • Infine, questa esperienze ha prodotto un cambiamento comportamentale a lungo termine  nei medici in formazione. Come riportato in precedenza, l’esperienza sembra aver influenzato la carriera di una percentuale significativa di casi, aumentando l’interesse per il servizio pubblico.

Una delle principali preoccupazioni riguardanti questo tipo di esperienze è che i tirocinanti possano praticare “al di là delle proprie competenze, a scapito proprio e dei loro pazienti”. Questo può essere più comune nei paesi in via di sviluppo in cui la supervisione è scarsa. Queste riflessioni evidenziano i vantaggi di un’esperienza come quella del JPO, organizzata e realizzata da una ONG che ha rapporti di lunga data con le popolazioni africane ed è ben integrata nella comunità e nel sistema sanitario locale. Inoltre, una caratteristica unica del progetto JPO è che gli specializzandi trascorrono 6 mesi presso l’ospedale locale; questo consente loro di farsi un’idea molto più precisa della salute globale rispetto alla maggior parte dei programmi di rotazione internazionale, di durata inferiore. Questo periodo consente inoltre un adattamento psicologico più profondo a un ambiente nuovo e stimolante. Il modo in cui le scuole di specializzazione reagiscono di fronte alle partenze degli specializzandi è stato valutato come negativo in diversi casi. Questo può essere spiegato dalla carenza di personale sanitario in Italia ma dimostra che è necessaria una valutazione più rigorosa dell’efficacia dell’esperienza JPO per dimostrare il valore aggiunto alla formazione “convenzionale”.  Questo studio presenta alcuni limiti come ad esempio la variazione significativa del tempo trascorso tra l’esperienza in Africa e la somministrazione del questionario. Inoltre le disparità riguardanti le attività economiche, il benessere, le politiche sanitarie e gli indicatori sociali tra i diversi paesi in cui è possibile fare il JPO, possono avere influenzato l’esperienza degli specializzandi. In ultimo è stata un’indagine retrospettiva, senza gruppo di controllo.

Conclusione

Questo studio mostra i risultati di esperienze mediche strutturate svolte da una ONG nell’Africa subsahariana. La crescente globalizzazione rende sempre più necessario che i medici siano culturalmente di larghe vedute e che siano comunicatori efficaci. Le esperienze internazionali sono un mezzo importante per comprendere la diversità dei pazienti che i medici incontreranno lungo la loro carriera. Il programma JPO sembra compensare la mancanza di esperienza internazionale nell’Africa subsahariana offerta dalle università italiane, lo conferma il numero sempre crescente di accordi tra Medici con l’Africa Cuamm e le università italiane.

Inoltre, questa ricerca evidenzia la necessità per le istituzioni accademiche e le scuole mediche italiane di coltivare un approccio di formazione medica che sia in grado di formare medici competenti a livello internazionale e con un profilo professionale sensibile alle questioni sanitarie globali.


Valentino Calvez, specializzando in Medicina Interna al Policlinico Gemelli, Roma

Gianluca Quaglio, Medical Preparedness and Crisis Management Unit (MPCMU), Directorate-General for Personnel, European Parliament

 

Un commento

  1. Interessante iniziativa. Fui una sorta di JPO, 41anni fa, a Tosamaganga che e,’ uno degli ospedali del programma JPO. Tornassi indietro- ma lo faccio qui oggi con questo scritto- metterei i seguenti paletti:
    1) il JPO e’ medico, deve essere registrato come tale nel Paese. In Tanzania costa caro$.
    2) il JPO deve operare sotto supervisione di omologo locale, ogni sua decisione medica sia condivisa con i colleghi locali.
    3) il programma dovrebbe pagare soldi al Paese. Di fatto quello di JPO e’ uno stage, dove chi ‘insegna’ sono i medici e i pazienti del posto : vanno pagati.
    Giunto al limitare della mia vita di peccatore…provo rammarico per 2 gravi errori commessi in..gioventu’:
    – facevo e disfavo sulla pelle dei bambini, errori di ogni tipo.
    – mi ponevo sul piedestallo del pediatra esperto(bianco oltretutto!) e rimbrottavo/correggevo/umiliavo colleghi e il sistema tout court.
    Rammarico che mi piacerebbe alcun JPO debba provare da grande.
    ±255 787 56 75 17

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