Un patto sulla non autosufficienza
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- 22 Novembre 2021
Paolo Da Col e Antonino Trimarchi
Partecipazione, integrazione e progresso: nasce il “patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza” per costruire un nuovo “piano nazionale di domiciliarità integrata”.
Attorno al Network Non Autosufficienza (NNA) si sono aggregate oltre 40 rappresentanze di soggetti attivi nell’area della non autosufficienza per costituire un PATTO che sta preparando un Piano Nazionale Domiciliarità Integrata per le persone non autosufficienti, coerente con il PNRR nell’obiettivo di realizzare “La casa prima luogo di cura” ed un nuovo welfare per le persone non autosufficienti. Presentiamo qui un’iniziativa in progress, che ci pare coerente con gli obiettivi di rafforzare il SSN ed i suoi valori, rivolgendo attenzione specifica alle categorie di persone più fragili.
Dopo la diffusione della prima versione del PNRR (Governo Conte), il Network per la Non Autosufficienza (NNA) avviò una intensa pressione sulle Alte Istituzioni perché si ponesse rimedio all’esclusione della non autosufficienza (NA) dai temi (e risorse) del Piano, in quanto appariva paradossale che coloro che avevano pagato il prezzo più alto della pandemia (gli anziani non autosufficienti) fossero assenti da programmi per un futuro migliore. Nel nuovo PNRR del Governo Draghi, nella Missione 5 si legge finalmente della riforma per la NA. Per contribuire alla sua preparazione, numerose realtà della società civile di settore si sono rapidamente aggregate con il proposito di costituirsi in “Patto per un nuovo welfare per la non autosufficienza” con lo scopo di preparare un “Piano nazionale di domiciliarità integrata” per questo target di persone. Lo compongono attualmente 43 organizzazioni, che rappresentano gli anziani non autosufficienti, i loro familiari, i pensionati, gli operatori del welfare ed i gestori dei servizi, Società Scientifiche, in cui il coordinamento scientifico è assunto dal Network Non Autosufficienza.
La CARD – Società Scientifica delle Attività Territoriali che riunisce centinaia di operatori dei Distretti italiani – aderì immediatamente all’iniziativa, in forza del fatto che i Distretti sono l’unica realtà del SSN deputata ad erogare servizi domiciliari, e da sempre le persone non autosufficienti (NA) costituiscono uno dei target prioritari del lavoro quotidiano distrettuale.
Il dialogo e confronto tra queste tante realtà culturali sta portando a compimento la definizione di un nuovo PIANO NAZIONALE DELLA DOMICILIARITÀ INTEGRATA, a nostro avviso meritevole qui di prima presentazione, anche per proseguire un discorso sulle cure domiciliari già ben aperto da Salute Internazionale e ricevere quindi suggerimenti.
Il PATTO ha individuato alcune ragioni principali per cui è necessario definire rapidamente questo PIANO per cure domiciliari integrate rivolte alle persone, soprattutto anziane, non autosufficienti:
- occorre fornire da subito migliori risposte a casa ad anziani e famiglie, dal 2022, senza attendere l’introduzione della riforma, prevista tra il 2023 e il 2024 (attesa invano da decenni), ed inserendo quindi alcune prime misure nella legge di bilancio 2022 (v. oltre).
- Bisogna sfruttare adesso il periodo precedente alla riforma (arriverà nei prossimi anni) per iniziare a realizzare risposte innovative, coerenti con il processo riformatore, evitando il rischio di disperdere i nuovi investimenti previsti nel PNRR per le cure domiciliari (2,7 mld).
- Va affrontato con priorità assoluta il primo snodo critico per la popolazione NA: il potenziamento dell’assistenza domiciliare, oggi molto carente per molti aspetti, e meritevole di urgenti interventi migliorativi – correttivi di priorità assoluta, pur nella consapevolezza che è necessario aumentare contestualmente i servizi residenziali e semiresidenziali, e parallelamente riqualificare il sistema delle indennità di accompagnamento e del lavoro offerto dalle badanti.
Un primo assunto è che le persone e famiglie che vivono la NA necessitano di risposte unitarie, quindi ad alta integrazione tra le componenti sanitari e sociali, di risposte complesse ai bisogni complessi, necessariamente predisposte in base al modello del care multidimensionale. Da troppi anni queste persone attendono di veder superata l’attuale separatezza tra l’Adi delle ASL (Assistenza domiciliare integrata, ancorata a logiche prestazionali, inadatte al target) ed il Sad (Servizio di assistenza domiciliare dei Comuni, oggi nettamente sottofinanziato e sottodimensionato). Nel PIANO si sottolinea la necessità di connettere chi oggi si occupa di servizi domiciliari a livello locale, ovvero i Comuni e le Asl, così come a livello nazionale, quindi i Ministeri del Welfare e della Salute, entrambi competenti nell’area della non autosufficienza (apprezzabili le connessioni evidenti della Missione 5 e 6 del PNRR). Maggiori e migliori servizi, necessariamente pubblici, devono avere l’obiettivo di organizzare nel giusto equilibrio cure informali (famiglia, caregiver, badanti) e formali. Spetta alle Istituzioni pubbliche sanitarie e sociali portare a casa in giusto mix servizi medico-infermieristici-riabilitativi (responsabilità delle Asl), sostegno nelle attività fondamentali della vita quotidiana, (responsabilità dei Comuni), azioni di affiancamento e supporto a familiari e assistenti familiari (azione congiunta di Asl e Comuni).
Il Piano del Patto pone enfasi più sulla attuazione che sulla ideazione. Qui sta uno degli elementi innovativi: molte valide proposte sono state formulate in passato, ma non hanno trovato realizzazione. L’attuazione nel Piano si rende visibile attraverso tre azioni prioritarie: superare la frammentazione; cambiare il modello dell’ADI; potenziare il SAD.
- Superare la frammentazione. Serve creare più equilibrio tra un maggiore ruolo statale e la valorizzazione delle Autonomie Locali, che non vanno sovraccaricate di eccessive indicazioni. A livello dello Stato va costituita una Cabina di Regia, che avrà compiti di programmazione, di indirizzo e monitoraggio delle risorse addizionali.
- Cambiare il modello di intervento dell’ADI. L’obiettivo isolato del PNRR di usare i nuovi fondi (2,7 mld) per portare la copertura al 10% (1,6 milioni) della popolazione ultra65enne (ora è la metà) non è coerente con i bisogni della popolazione NA, che necessita ben più dell’aumento dell’ intensità (numero di ore di accesso pro capite – del tutto insufficiente l’attuale valore medio/anno/p.c. di 18 ore) e della durata dell’assistenza a casa (attualmente di soli 2-3 mesi, a fronte di esigenze molto più durature, anche di anni).
- Incrementare i fondi per il SAD, con un piano triennale da inserire nella legge di bilancio 2022. E’ forse l’azione meno intuitiva per gli operatori della sanità. Riveste invece un ruolo irrinunciabile ed indifferibile, per congiungere il SAD e l’ADI. Le risorse aggiuntive del Piano del PATTO sono programmate per portare al 2,6% la copertura nel 2022, al 2,9% nel 2023 e al 3,3% nel 2024, con un’occorrenza di spesa, nei tre anni, di 302 milioni di Euro nel 2022, a salire a 373 nel 2023 e 468 nel 2024. Sono importi sostenibili, non troppo alti per evitare sprechi o giacenze inutilizzate, non troppo bassi per evitare risposte mancate. Il Piano prevede un parallelo percorso per rendere queste prestazioni livelli essenziali, così da renderle esigibili in ogni zona del Paese (ora ci sono notevoli disuguaglianze tra i territori, fonte di grande iniquità) ed ottenibili da ogni persona con i bisogni specifici (ora il SAD è erogato solamente in base ai livelli reddituali, il che rende impossibile una vera integrazione tra ADI e SAD). Nel loro insieme, queste previsioni avvicinano SAD e ADI, sostenendo in modo molto migliore difficoltà e disagi di persone e famiglie, verso una visione di servizi di long-term care ancora colpevolmente assenti in Italia.
A noi sembra che per come sta crescendo questo Piano Nazionale di Domiciliarità Integrata, con ampio dialogo ed alta condivisione di idee e proposte, costituisca una valida testimonianza di volontà partecipativa, finalizzata all’interesse comune del progresso della tutela di persone molto fragili nel SSN. I buoni risultati, di successo, che questo Piano potrà generare certamente si estenderanno a tutta la popolazione candidabile ad una moderna home care; diffonderanno buone pratiche ad alta integrazione di sorgente pubblica, eque ed universali, in grado di (ri)dare dignità, qualità di vita e continuità di cura ed assistenza alla vasta, crescente platea di coloro che vivono complessivamente nell’area della fragilità, cronicità, longevità. È diritto per tutto costoro di ricevere concretamente questo LEA. Riteniamo che la home care sia ancora, nonostante l’enfasi attuale nell’era COVID, misconosciuta e non indirizzata correttamente per divenire reale, potente strumento della presa in carico di persone con bisogni complessi, quindi con alta integrazione multiprofessionale, intersettoriale, modernamente impostata nelle dimensioni della e-health e e-care. Come CARD ed operatori dei Distretti, riteniamo non sia di parte sostenere che l’unica via realizzativa passa attraverso la presenza di Distretti sociosanitari “forti”, cui devono essere conferiti coerenti mandati ed adeguate risorse umane, economiche, strumentali.
Ringraziamenti: si ringrazia il Prof. Cristiano Gori ed il team del NNA per il continuo, fondamentale supporto all’impresa.
Paolo Da Col , Antonino Trimarchi
CARD, Centro Studi